Milano-Sanremo 2013: un teutonico il primo degli eroi

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Eccomi di ritorno dalla Regina delle corse di Ciclismo. La Milano-Sanremo. La cosiddetta "Classicissima di Primavera" quest'anno è stata tutto, tranne che di primavera: 2-3°C in partenza, neve sul Turchino e pioggia all'arrivo. La storia di questa Sanremo la conoscete sicuramente già in tanti, 200 corridori per 25 squadre. Vittoria del tedesco Ciolek, il quale ritorna, dopo alcuni anni di anonimato, ad altissimi livelli.
Splendida come sempre la gente pronta ad incoraggiare i professionisti impegnati in condizioni straordinarie.
Ieri penso davvero di aver vissuto la più incredibile corsa della mia vita. La pioggia, la neve, i campioni. La fuga iniziale in cui era coinvolto un amico, Diego Rosa, ex biker, che con il suo tentativo ci ha emozionato non poco. Poi la neutralizzazione della corsa, scelta a mio parere più che responsabile da parte di RCS Sport, attuata con l'intenzione di salvaguardare i corridori e la loro sicurezza. Questi ragazzi sono incredibili, chi ha visto la gara non credo abbia mai assistito a nulla di simile nello sport: fatica, freddo, rischi e, nonostante tutto, anche l'agonismo. Poi l'arrivo: il toboga finale sul lungomare Italo Calvino si è trasformato in un vero e proprio teatro. Attori principali su questo palco naturale sei pedalatori, sei incredibili fenomeni dello sport, non solo del ciclismo, i quali hanno saputo tener duro, non solo con le gambe, ma soprattutto con la testa. E poi la pioggia, l'acqua, l'olio sulle catene ormai consumate, i polpacci stanchi, i sospiri, la linea bianca della finish-line. L'urlo di Gerald Ciolek: un signor corridore, altrimenti una Sanremo così con Sagan, Cancellara, Chavanel, Paolini e Stannard, non la puoi vincere. Uno che ha vinto i campionati nazionali a 18 anni davanti a Mr. Sanremo, Erik Zabel, non poteva non esplodere: era solo una questione di tempo. E il suo team sudafricano, MTN Qhubeka, col suo messaggio di speranza, ha un motivo in più per festeggiare ed essere orgoglioso. Grazie dunque a questi splendidi ragazzi per lo spettacolo.


Il rapporto con i corridori è fantastico, loro sono persone semplici, vere. Sulla via del ritorno, in autogrill, ho incontrato alcuni atleti poche ore dopo la corsa: Kevin Hulsmans stanco e con gli occhi rossi dalla stanchezza mi ha confidato che anche questo è ciclismo, che il ciclismo è anche pioggia. Se lo dice un belga, ci crediamo. E ancora, Matteo Rabottini mi ha invece confidato di essere concentrato per il Giro, al quale arriverà a "puntino" dopo la Coppi e Bartali e il Giro del Trentino. Sonny Colbrelli, invece sembrava non aver faticato: 12° a 22 anni e segni della fatica assenti. Occhio a questo ragazzo.
Cosa mi porto a casa? Una corsa emozionante, commentata assieme ad Anthony McCrossan, TV commentator ufficiale di Eurosport, e come sempre aiutato dalla regia di Ale Pesenti, dalle musiche del Cecchino di R101, al secolo Max Lietta, e dalla mitica Giusy, la quale rappresenta un po' l'angelo custode di tutti noi. Straordinario anche l'intrattenitore, Francesco Randazzo, lo speaker della Juventus: un onore lavorare con lui!
Ora si va dritti verso una corsa che si chiama Giro. A presto ragazzi.